IL TRIBUNALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa  civile  promossa
 con  atto  d'appello  del 12 febbraio 1990 ed iscritta al n. 1258 del
 ruolo generale affari civili contenziosi dell'anno 1990  dalla  Cassa
 nazionale  di  previdenza  ed  assistenza  a  favore degli avvocati e
 procuratori, col proc. dom. avv. G. Milana, appellante, contro l'avv.
 Luigi Romano, appellato.
                             O S S E R V A
    Con sentenza 2 febraio 1989, notificata il  17  gennaio  1990,  il
 pretore  di  Brescia, giudice del lavoro, dichiarava che l'avv. Luigi
 Romano, per aver prestato servizio militare di leva  dall'8  novembre
 1952  al  9  aprile 1954 e per aver frequentato il corso di laurea in
 giurisprudenza,  iscrivendosi   all'albo   dei   procuratori   legali
 nell'anno  1960  ed  alla  Cassa nazionale di previdenza e assistenza
 avvocati e procuratori nell'anno 1962, aveva diritto di riscattare il
 periodo legale  del  corso  di  laurea  ed  il  periodo  di  servizio
 militare,  ai  fini  del  raggiungimento  dell'anzianita'  minima per
 acquisire il diritto alla pensione di anzianita'.
    Questa sentenza faceva seguito all'entrata in vigore  della  legge
 n.  175/1983  e  si  richiamava  all'ordinanza n. 89/1988 della Corte
 costituzionale, emessa, nella stessa controversia, proprio a  seguito
 della  trasmissione,  da  parte dello stesso pretore, degli atti alla
 Corte  costituzionale   per   la   decisione   della   questione   di
 costituzionalita' dell'art. 26, quinto comma, della legge n. 576/1980
 (riforma  del  sistema  previdenziale  forense);  che',  infatti, con
 quella ordinanza la Corte, dopo aver osservato  che  l'art.  2  della
 legge n. 175/1983, (entrata in vigore dopo l'ordinanza di rimessione)
 aveva  soppresso, nel citato quinto comma dell'art. 26 della legge n.
 576/1980, le parole "e di anzianita', quest'ultima limitatamente agli
 iscritti all'albo anteriormente al 19 gennaio 1952", aveva  osservato
 che  era stata ormai eliminata la condizione limitativa censurata dal
 giudice a  quo  e  che,  pertanto,  alla  stregua  del  suddetto  jus
 superveniens, si imponeva la restituzione degli atti al giudice a quo
 per un nuovo esame della rilevanza della questione.
    La   sentenza  del  pretore  veniva  appellata  davanti  a  questo
 tribunale, sezione lavoro, con atto depositato il 12  febbraio  1990,
 da parte della Cassa, che lamentava:
      a)  l'omessa  pronuncia,  da  parte  del  primo  giudice,  sulle
 eccezioni di improcedibilita' ed improponibilita'  della  domanda,  a
 norma  dell'art. 443 del c.p.c., nonche' per difetto di giurisdizione
 dell'a.g.o., rispettivamente;
      b) l'errore in cui il pretore era  caduto,  non  rilevando  che,
 proprio  a  seguito  della modifica dell'art. 26, quinto comma, della
 legge citata, era stato negato dal legislatore del  1983  l'esercizio
 della facolta' di riscatto con riguardo alla acquisizione del diritto
 alla  pensione di anzianita'; cosi' che la Cassa concludeva chiedendo
 la riforma della sentenza, con la dichiarazione che l'avv. Romano non
 aveva il diritto di riscattare il periodo  legale  di  laurea  ed  il
 periodo   del   servizio   di   leva,   ai  fini  del  raggiungimento
 dell'anzianita' minima per acquisire  il  diritto  alla  pensione  di
 anzianita'.   Ma   l'avv.   Romano,  costituendosi,  mentre  ribadiva
 l'assoluta infondatezza delle eccezioni preliminari,  osservava  che,
 proprio  con la modifica normativa introdotta dalla legge n. 175/1983
 al quinto comma dell'art. 26 della legge n. 576/1980, era  stata  per
 tutti  negata  la  facolta'  di  riscatto  dei periodi di laurea e di
 servizio militare ai fini del diritto alla  pensione  di  anzianita';
 con   il   risultato  di  creare  una  ingiustificata  diversita'  di
 trattamento tra gli iscritti che avevano prestato servizio militare e
 quelli che tale  periodo  non  avevano  dovuto  sottrarre  alla  loro
 professione;  mentre,  poi,  ingiustificato, rispetto al riscatto del
 periodo  di  laurea,  risultava   un   divieto,   che   discriminava,
 ingiustificatamente,  gli avvocati e procuratori da tutti coloro che,
 sia   nell'ambito   delle   carriere   direttive    della    pubblica
 amministrazione,  sia  nell'ambito  delle  libere  professioni vedono
 considerato, ai fini pensionistici, anche il periodo  minimo  per  il
 conseguimento  della  laurea,  quando questa sia requisito essenziale
 per l'esercizio dell'attivita'  professionale  e  sia  stato  oggetto
 della  facolta'  di  riscatto;  cosi'  che,  secondo  l'appellato, la
 questione di costituzionalita', sollevata fin dall'inizio  di  questa
 causa, era tuttore rilevante per la decisione della stessa.
    Della stessa opinione e' anche questo collegio.
    Lasciata  alla  sentenza  definitiva  la decisione sulle eccezioni
 preliminari di improponibilita' ed improcedibilita' della domanda (su
 di esse gia' il pretore, nella prima ordinanza  di  remissione  della
 questione   alla   Corte  costituzionale,  aveva  osservato  come  la
 giurisdizione e competenza gli derivassero dall'art. 442 del  c.p.c.,
 trattandosi  di  una  controversia relativa all'applicazione di norme
 riguardanti una forma di previdenza ed assistenza obbligatoria; come,
 inoltre, ogni questione in ordine alla procedibilita'  della  domanda
 restasse  superata  dalla  sopravvenienza  nel corso del giudizio del
 provvedimento  di  diniego  da  parte  della  Cassa,  nonche'   dalla
 inesistenza   di   speciali   previsioni   normative  riguardanti  il
 procedimento  per   la   composizione   della   questione   in   sede
 amministrativa),  la  materia  e',  infatti, oggi regolata pur sempre
 dall'art.  26,  quinto comma, della legge n. 576/1980, che, a maggior
 ragione dopo la modifica operata dall'art. 2 della legge n. 175/1983,
 ammette  l'esercizio  della  facolta'  di  riscatto  per  i   periodi
 corrispondenti  alla durata del corso legale di laurea e dell'anno di
 pratica professionale, nonche' alla durata del servizio militare  (v.
 l'art.  8  della  legge  n.  319/1975, modificativo dell'art. 5 della
 legge n. 798/1965), "al solo fine di completare  l'anzianita'  minima
 necessaria  per  acquisire il diritto alla pensione di vecchiaia" (le
 parole "e di anzianita', etc." sono state, infatti, cancellate  dalla
 novella del 1983).
    Cosi',  dovendosi  pronunciare  sul  preteso  diritto,  in capo al
 ricorrente, di riscattare gli anni del corso legale di laurea  e  del
 servizio  militare,  ai fini del diritto alla pensione di anzianita',
 e' evidente la  rilevanza,  per  la  decisione,  della  questione  di
 costituzionalita' della normativa citata.
    Quanto,  poi,  alla  non manifesta infondatezza della questine, va
 subito detto che  appare  irrazionale  e  contrario  al  fondamentale
 principio  di  uguaglianza  che  non  sia concesso agli iscritti alla
 Cassa avvocati e procuratori il diritto di riscatto,  anche  ai  fini
 della  pensione  di anzianita', sia degli anni di iscrizione al corso
 di laurea, sia di quelli impiegati nel servizio militare: per i primi
 la violazione del principio di uguaglianza, di cui all'art.  3  della
 Costituzione,  si  ravvisa nella disparita' di trattamento con il re-
 gime previdenziale  proprio  di  altre  categorie  professionali  (v.
 l'art.  3  del  d.m.  15  ottobre  1976,  gia' citato dal pretore con
 riguardo alla professione sanitaria, nonche'  la  legge  n.  290/1990
 regolatrice  del sistema pensionistico degli ingegneri ed architetti,
 citata dal ricorrente), tanto piu' evidente in rapporto alla tendenza
 legislativa, riconosciuta e ribadita dalla consolidata giurisprudenza
 della Corte costituzionale, a concedere ogni migliore  considerazione
 alla preparazione professionale acquisita, quando questa sia ritenuta
 indispensabile  ai  fini  della  qualifica ricoperta (v. per tutte la
 sentenza n. 426/1990 della Corte costituzionale,  confermativa  degli
 orientamenti gia' espressi con la sentenza n. 163/1989).
    Quanto,  poi,  agli  anni  impiegati  nel  servizio  militare,  la
 disparita' di trattamento  si  manifesta,  ad  avviso  del  collegio,
 nell'uguale   trattamento,  all'interno  della  stessa  categoria  di
 assicurati, riservato sia a chi abbia prestato il servizio  di  leva,
 ritardando   la   sua   iscrizione   all'albo   professionale  e  non
 incrementando, in quel periodo, i  propri  contributi  previdenziali,
 sia  a quanti, o perche' esonerati dal servizio o perche' ad essi non
 obbligati (e' il caso delle donne), abbiano potuto utilizzare  quello
 stesso periodo nell'attivita' professionale.